INDENNITÀ DI ACCOMPAGNAMENTO: REQUISITI E LIMITI AL RICONOSCIMENTO

A norma dell’art. 1 della L. n. 18/1980: “Ai mutilati ed invalidi civili totalmente inabili per affezioni fisiche o psichiche di cui agli articoli 2 e 12 della legge 30 marzo 1971, n. 118, nei cui confronti le apposite commissioni sanitarie, previste dall’art. 7 e seguenti della legge citata, abbiano accertato che si trovano nell’impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore o, non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, abbisognano di un’assistenza continua, è concessa un’indennità di accompagnamento, non reversibile, al solo titolo della minorazione, a totale carico dello Stato..”.

Il legislatore, pertanto, risulta particolarmente chiaro nell’evidenziare i requisiti essenziali sui quali si fonda il diritto alla predetta indennità: 1) inabilità totale, per deficit fisici o psichici; 2) impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore o necessità di un’assistenza continua, poiché non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita.

Tra i requisiti predetti appare senz’altro interessante approfondire, anzitutto, il criterio dell’“impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore”.

A parere dell’INPS, si ritiene rilevante, a tal proposito, al fine del riconoscimento dell’indennità di accompagnamento, che sussista “l’impossibilità a deambulare, non la semplice difficoltà, il carattere di permanenza dell’aiuto dell’accompagnatore, non di saltuarietà. Va da sé che presidi ortopedici e protesici che rendano il soggetto autonomo nella deambulazione escludono il diritto all’indennità. Il requisito della permanenza implica la sussistenza di menomazioni anatomo-funzionali irreversibili e immodificabili da qualsiasi presidio”.

In altre parole, secondo tale posizione, se una persona riesce a muovere pochi passi oppure utilizza tutori che consentano di deambulare lentissimamente è escluso dalla concessione di indennità di accompagnamento.

I Giudici di Piazza Cavour, altresì, hanno avuto modo di argomentare anche come, ai fini della configurabilità della situazione di non autosufficienza, la sola limitazione e difficoltà nella deambulazione non è sufficiente, come nel caso del soggetto che, ad esempio, necessita dell’ausilio di un bastone, essendo necessaria l’impossibilità di deambulazione senza l’ausilio di altro soggetto (Cass. sent. nn. 15882/2015, 12521/2009 e 11718/2008).

Dunque, assodato il fatto che l’indennità di accompagnamento è riconosciuta solo nelle ipotesi ex lege succitate, appare senz’altro utile fare richiamo, nell’ambito di una tematica tanto attuale, alla sentenza n. 8060/2004 della Corte di Cassazione, con la quale quest’ultima ha ricordato che “le condizioni previste dall’art. I della L. 11 febbraio 1980, n. 18 ai fini dell’attribuzione dell’indennità di accompagnamento in favore dei mutilati e invalidi civili totalmente inabili consistono alternativamente o nell’impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore oppure nell’incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita senza assistenza continua. (v. in ultimo pronunce di questa Corte n. 4887 dei 5 aprile 2002; n. 6882 del 13 maggio 2002; n. 1003 del 23 gennaio 2003); sia per l’una che per l’altra condizione di impossibilità o di incapacità deve trattarsi di una situazione permanente e non già episodica del totalmente inabile.”

Dunque, tale pronuncia sostiene il consolidato orientamento (Cass. sent. nn. 14293/1999 e 15303/2001) in virtù del quale si ritiene sussistente il diritto all’indennità di accompagnamento anche nel caso in cui il soggetto sia in condizione di poter compiere da sé gli elementari atti quotidiani della vita, ma, nel contempo, non sia in grado di uscire dalle mura domestiche per soddisfare le proprie necessità, tra cui, ad esempio, acquistare viveri e medicinali (Cass. sent. n. 8060/2004).

Merita, però, un breve approfondimento la circostanza, altresì, in cui il soggetto abbia necessità di assistenza continua per incapacità dello stesso di compiere gli atti quotidiani della vita. All’uopo, di recente, la Corte di Cassazione, con pronuncia n. 5068/2018, ha ricordato che se l’assistenza risulta generica e collegata solo ad attività strumentali e non essenziali, come il maneggiare denaro o prendere mezzi pubblici, l’indennità di accompagnamento non spetta.

Difatti, ai fini del riconoscimento di tale diritto, è richiesta la contestuale presenza di una situazione di invalidità totale ed, alternativamente, dell’impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore oppure dell’incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita. Da qui scaturisce, pertanto, la necessità che sussista una situazione talmente grave da ritenere necessario ed indispensabile l’intervento continuo di un accompagnatore.

Tutto ciò, considerando che la necessità di assistenza continua si verifica quando, procedendo ad una comparazione con il modello di persona autosufficiente di corrispondente età, emerge che l’autonomia nel compiere un complesso significativo ed esistenziale dei suddetti atti quotidiani viene a mancare, così concretizzandosi l’impossibilità di compiere autonomamente gli atti di ogni giorno della vita, essendo alterato ogni rapporto concreto con la realtà quotidiana (Circolare Ministero del Tesoro 14/1992).

Infine, solo per citare la posizione dell’INPS sull’argomento, tale Ente ritiene che “Per quel che concerne gli atti quotidiani della vita, constatando la genericità dell’espressione e in accordo con la prevalente dottrina medico legale, essi vanno intesi come quel complesso di attività che assicurano un livello basale di autonomia personale in un ambito per lo più intradomiciliare. Il prendere in considerazione le attività extradomiciliari, in ambienti complessi come le moderne metropoli, porterebbe, infatti, ad una valutazione talmente estensiva da superare l’ambito medico legale”.

MMM

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