LA REGISTRAZIONE DEL MARCHIO E LA PARTICOLARE IPOTESI DEL MARCHIO DI FATTO

In premessa, la registrazione di un marchio rappresenta, anzitutto, lo strumento di maggiore tutela dei diritti esclusivi di proprietà industriale da esso derivanti.

Importante a tal proposito, osservare che nessuno può essere vincolato od obbligato a registrare il proprio marchio; aspetto, quello in parola, che potrebbe risultare scontato, eppure le constanti attività di consulenza ad imprese ed associazioni conducono a ritenere invece che il medesimo non risulta così chiaro, anche a causa della diffusione di informazioni errate.

Oltre all’acquisizione dei succitati diritti e ad una tutela ampia degli stessi, la registrazione del marchio comporta per il relativo titolare la possibilità di opporsi a paralleli usi e sfruttamenti non autorizzati dello stesso. A ciò, si contrappone, però, l’ipotesi del c.d. “marchio di fatto”, disciplinata dagli artt. 2571 c.c. e 12, comma 1, lett. b), c.p.i. (D.Lgs. n. 30/2005), ove “chi ha fatto uso di un marchio non registrato ha la facoltà di continuare ad usarne, nonostante la registrazione da altri ottenuta, nei liti in cui anteriormente se ne è avvalso” (art. 2571 c.c.).

Nel contempo, “non possono costituire oggetto di registrazione come marchio..” i segni distintivi che alla data del deposito della domanda di registrazione “siano identici o simili ad un segno già noto come ditta, denominazione o ragione sociale, insegna e nome a dominio usato nell’attività economica, od altro segno distintivo adottato da altri…”(art. 12, comma 1, lett. b), c.p.i.).

Infine, la registrazione del marchio può avvenire su tre livelli di ampiezza diversa di acquisizione dei connessi diritti esclusivi di uso e sfruttamento e contestuale tutela di questi ultimi: nazionale, europeo ed internazionale.

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