LA RESPONSABILITÀ DEI SOCI PER LE OBBLIGAZIONI NASCENTI DEI RAPPORTI INTERNI
L’art. 2291 c.c. dispone che, “Nella società in nome collettivo tutti i soci rispondono solidalmente ed illimitatamente per le obbligazioni sociali”, annullando la validità, nei confronti di terzi, di qualsiasi patto contrario a tale precetto.
Ora, nel caso in cui uno di essi agisca nei confronti dell’altro per ottenere ristoro del proprio credito maturato nei confronti della società, dunque agisca all’interno della sfera attinente ai rapporti “interni” tra i soci, come anche ricordato da ultimo dalla Cass. sent. n. 21066/2016.Gli Ermellini, in particolare, hanno osservato che non opera il principio di responsabilità illimitata nei rapporti interni tra i soci, considerando che la ratio che si pone alla base della responsabilità illimitata e solidale tra soci succitata (ex art. 2291 c.c.), coincide, unicamente, nella necessità che i terzi facciano affidamento sul patrimonio dei soci oltre che di quello della società che potrebbe risultare – peraltro – di difficile valutazione.
Si tratta, evidentemente, di una conclusione perfettamente compatibile con il principio in virtù del quale “il debitore in solido che ha pagato l’intero debito può ripetere dai condebitori soltanto la parte di ciascuno di essi” (art. 1299 c.c.).
Pertanto, ritiene la Corte che “nei rapporti tra i soci di una società in nome collettivo (e a prescindere dal titolo dell’azione fatta valere nei confronti della società) debba escludersi l’applicazione del principio della responsabilità solidale illimitata di ciascuno di essi per le obbligazioni sociali di cui all’art. 2291 c.c., principio dettato esclusivamente a tutela dei terzi estranei alla società e quindi solo nei riguardi di questi operante.Ciò in conseguenza della stessa struttura delle società di persone, cui l’ordinamento riconosce mera soggettività, ma non personalità giuridica perfetta, cioè una autonomia patrimoniale limitata, sancita da regole che hanno il precipuo scopo di garantire la tutela degli interessi dei terzi che hanno con essa contrattato, e che, di conseguenza, non avrebbero ragione di operare e non possono trovare applicazione nei rapporti tra i soci stessi”.
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